TrashProgetto
Trashmov è arte della denuncia.
Quello che non riusciamo più a vedere, che non vogliamo vedere perché manifestazione di un degrado intollerabile, il palcoscenico di Trashmov lo porta sotto i riflettori.
L'esaltazione ironica del brutto come opera d'arte è gesto di ribellione e provocazione a togliere dagli occhi la benda dell'indifferenza e dell'assuefazione. E reagire.
Trashmov coniuga arte e coscienza civile.
Per questo è nelle strade e nelle piazze. Sollecitando il dialogo e il coinvolgimento dei cittadini resistenti che vogliono non solo far sentire la propria voce, ma fare.
Per prenderci cura, come comunità, di quello che ci appartiene: il territorio e le relazioni che ne costituiscono il senso.
Per bonificare la discarica in cui la globalizzazione ha trasformato le città (Zygmunt Bauman, 2005).
Trashmov vuole guarire dalla disattenzione.
Il palcoscenico rappresenta lo stargate attraverso il quale gli effetti della crisi possono trasformarsi in opportunità di trasformazione. Innanzitutto reimparando a vedere oltre che a guardare. Recuperando il senso della vista, come abilità critica che non si ferma alla contemplazione ma spinge all'azione.
Trashmov è ribellione.
Al caos, al brutto, all'oscenità del mercato che fa di tutto e di tutti prima merce e poi scarto.
Al compromesso che diventa unica via di sopravvivenza.
Al pensiero corto del tutto, subito, ora, che vaga nostalgico ma senza memoria.
Ai like di un'estetica senza consapevolezza, che cerca la compiacenza e il facile consenso. Eleggendo a realtà ciò che è solo virtuale. Perdendo ogni contatto vero con l'altro.